Tripudio ovino
E' venerdì sera. Mentre l'orda barbarica appicca il fuoco al palazzo, l'imperatore non ha ancora deciso quale servizio da tè far portare in tavola per il ricevimento. Questa è l'atmosfera che si respirava qui, durante una miniconferenza in cui un selezionato gruppo di teste d'uovo della discografia e del giornalismo ha discettato sul succoso argomento "cosa succederà alla musica dopo internet". I pochi presenti sono stati messi al corrente delle seguenti verità:
"il tempo medio di permanenza sui canali di Mtv è inferiore a cinque minuti" (hanno contato solo quelli che non trovano più il telecomando);
"i dischi non si vendono più";
"i giornali musicali non si vendono più";
"cosa ci stiamo a fare qui?".
Poi il delegato di Radio Popolare, con la voce tremante dell'orfanello che scopre di essere stato venduto a un trafficante di organi, si domanda: "ma ci saranno mai dei giovani che raccoglieranno il testimone degli Afterhours, dei Subsonica?". Non potevo stare zitto. "SPERIAMO DI NO!" gli ho urlato, tra le risate di chi non aveva il boccale di birra alle labbra. Dopodichè sono andato a vedermi chi del futuro della musica se ne sbatte i coglioni, mandando sul palco Marby la pecora.
I Marble Sheep, due batterie, due chitarre, un basso (suonato da una bassista femmina e giapponese - che però non conta nell'ambito della "rispettabilità indie", perchè i Marble Sheep sono tutti giapponesi), spaccano ben al di là della limitata immaginazione occidentale. Come gli Hawkwind ma dieci volte più tirati e rumorosi. E molto, ma molto meno tamarri. Durante i bis si raggiunge il climax quando la bassista, incitata dallo slogan "vogliamo la pecora! Vogliamo la pecora!" (uno slogan lanciato senza vergogna dalla Signora Marta, la cui semplice, rarissima presenza a un concerto lo rende un evento irripetibile) compare saltellando e vestita da pecora in una trionfante deflagrazione di feedback. Trenta spettatori impazziti che ballano con una pecora. La cosa più simile alla gayna© che ho visto quest'anno. Menzione d'onore per il merchandising: uno dei più ampi assortimenti di magliette che abbia mai visto, decine di cd, vinili e split singles con gruppi ignoti, un set di plettri firmati dai membri del gruppo, un box con otto cd-r dal vivo al prezzo ridicolo di dieci euro: di sicuro questa gente ha fiducia nel futuro, riesce a vendere il proprio artigianato e non ha mai assistito a una miniconferenza da mani sui coglioni come quella di prima. E queste cose succedono sempre, ahimè, quando ho finito i soldi. Avanti così.
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