Ieri sera: una band con gli stantuffi
I Deltahead sono steampunk. Abiti a metà fra il clown bianco e il damerino vittoriano, trombe da grammofono microfonate (per sporcare ulteriormente ciò che esce da un amplificatore antico), due grancasse all'unisono, chitarra dobro e contrabbasso per riprodurre un country blues coperto di ragnatele, eppure non canonico, pieno di riferimenti ai Black Sabbath e a Tom Waits. Con atteggiamento da circo, i due svedesi distribuiscono incensi accesi e orsetti di gomma (i primi potevano anche risparmiarseli, l'incenso fa schifo ed è la cosa meno metal che esista), e si dichiarano disposti a barattare cd per droga (non meglio specificata - laudano, I suppose). Tutto il loro armamentario e il fatto che suonino seduti, muovendosi a ritmo, mi ha fatto immaginare uno strano ibrido uomo-macchina. Ma sì, come secondo lavoro i Deltahead fanno il carillon di Geezer Butler. Pubblico poco, ma urlante. Bene.
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